Una delle calamità della scienza sociale è costituita da tutte quelle manifestazioni del pensiero dualista che si traducono in coppie di concetti antagonisti: interno / esterno, puro / impuro, normativo / positivo, assiologico / sociologico, comprensivo / esplicativo, Kelsen / Marx e ogni sorta di opposizione dello stesso tipo. Per esprimere subito le mie intenzioni, dirò che il mio lavoro, senza che si sia proposto di farlo, mi sembra abbia come effetto proprio il superamento di queste (...)
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Pierre Bourdieu
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[L’incipit di Homo academicus, Bari, Dedalo, 2013, pp. 35-45.]
Se si prende come oggetto di studio un mondo sociale nel quale si è coinvolti, si è poi obbligati a confrontarsi, in una forma che si può definire drammatizzata, con alcuni problemi epistemologici fondamentali, legati alla questione della differenza tra conoscenza pratica e conoscenza scientifica e, nello specifico, alla particolare difficoltà sia di rompere con l’esperienza indigena sia di ricostruire poi la conoscenza che si ha proprio grazie a questa rottura. Si sa bene che ciò che costituisce un ostacolo alla conoscenza scientifica è tanto l’eccesso di prossimità quanto l’eccesso di distanza, e come sia difficile sanare la rottura e ristabilire questa relazione di prossimità che, a costo di lavorare a lungo non solo sull’oggetto ma anche sul soggetto della ricerca, consente di integrare tutto ciò che si può conoscere in quanto si è dentro e tutto ciò che non si può o non si vuole conoscere fintanto che si resta dentro.