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  • Con un titolo tratto dalla preghiera introduttiva di Se questo è un uomo appare in un’ottima traduzione lo studio appassionante che l’italianista inglese Robert S.C. Gordon ha dedicato alla memoria e alla rielaborazione dell’Olocausto nella cultura italiana. A partire dagli anni Ottanta, da quando, cioè, l’Olocausto o meglio, la Shoah secondo la dizione invalsa nel nostro Paese, ha assunto una posizione centrale nella sfera pubblica, la ricerca sulla deportazione ebraica si è intensificata e approfondita, articolandosi in studi dedicati ad aspetti specifici, a episodi singoli, oltre che alle risposte fornite in ambito artistico-letterario a quell’immane evento. Mancava, tuttavia, un’indagine globale che passasse in rassegna questi lavori e che, secondo le parole di Gordon, li inserisse „nel più vasto ambito di risposte che li ha generati e plasmati“. L’esplicito punto di riferimento metodologico è Pierre Bourdieu con la sua fortunata nozione di „campo culturale“.

  • Sono opere d’arte, i videogames? Oggi pochi risponderebbero di sì; i più troverebbero inopportuno perfino chiederselo, e nel migliore dei casi avanzerebbero riserve e distinguo. È probabile che un giorno leggeremo storie di questa ennesima arte nelle quali Pacman avrà il posto che nei volumi di Gian Piero Brunetta ha La sortie des ouvriers de l’usine Lumière, ma oggi il suo status è ancora incerto. Lo stesso accadeva al cinematografo all’inizio del XX secolo: a lungo, dopo il battesimo parigino del 1895, è considerato un mezzo di intrattenimento, volgare e asservito all’industria, e il suo posto è nelle fiere, accanto al benjaminiano Kaiserpanorama, al baraccone del tiro al bersaglio e al casotto dell’indovina. Perché il cinema venga “identificato” come arte saranno necessari – parallelamente alla febbrile attività interna al campo cinematografico in via di costituzione ad opera di registi, cineasti, produttori, riviste specializzate, associazioni di cinefili, festival e premi – almeno tre decenni di trasfusioni di capitale simbolico dall’esterno, da campi dotati di più consolidata autonomia e legittimità, come quello teatrale, musicale o delle arti figurative, nonché dallo Stato e dalle sue istituzioni.

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